A Torino un seminario degli studiosi del “Soundscape”, il paesaggio sonoro
Voci, animali, il rumore delle onde connotano gli ambienti: ma il frastuono urbano li inquina
“Ma il rumore delle città li annulla”
Un gruppo di esperti sta completando la mappatura acustica di Catania
di VERA SCHIAVAZZI
fonte: Repubblica.it
ROMA – E se fossero i suoni, e non le immagini, lo strumento migliore per raccontare la storia? Lo credono, e lo mettono in pratica ogni giorno raccogliendo, registrando e archiviando rumori “sporchi” o “puliti” nei parchi, nelle città, nei villaggi, gli studiosi della auditory culture con le loro soundscape research, come quella in corso in Sicilia ormai da molti anni. “Il Soundscape – racconta Stefano Zorzanello, a Torino per un seminario dedicato a questi studi, ma normalmente impegnato nella ‘mappatura’ sonora di Catania – è stato definito come una sinfonia incompiuta e senza forma di cui siamo contemporaneamente i compositori, gli esecutori e gli ascoltatori. Oggi però questa ‘sinfonia’ rischia di essere in gran parte coperta da rumori uguali in tutte le città, come il suono di motori, sistemi di raffreddamento, reti elettriche eccetera e non si può ascoltare che per porzioni limitate, molto precise e localizzate”.
Così, cercare punti di ascolto privilegiato e riuscire a catturare nel registratore i suoni tipici, come le voci del mercato o i rumori caratteristici della riva del mare, è diventata la sfida di ‘cacciatori’ come Zorzanello, o come Raymond Murray Schafer, lo studioso canadese che per primo ha lanciato il World Soundscape Project per salvare vecchi e nuovi suoni dall’inquinamento acustico di base. Ma l’obiettivo è anche quello di rieducare all’ascolto: “Il suono rimosso del motore accesso è ciò che uccide la vita degli altri suoni, la biodiversità dei suoni più piccoli o semplicemente diversi. Abituandoci alla sua rimozione inconscia – spiega Zorzanello – disimpariamo ad ascoltare, perdiamo sensibilità uditiva e ci facciamo sfuggire una parte della comprensione del mondo”.
La cura? Cercare nelle città le “oasi” e le “riserve” dove è possibile riprendere ad ascoltare suoni tipici non soffocati dal frastuono globale delle metropoli. A Catania, la parte alta di Villa Bellini e l’area della Palazzina Cinese sembrano i posti migliori, ma studi analoghi sono in corso anche a Milano e Firenze, e spesso è proprio la parte più alta dei parchi storici – progettati quando l’inquinamento acustico non esisteva – ad offrire le postazioni migliori ai cacciatori di suoni. Ma anche alcune parti dei centri storici, quelle dove le auto arrivano poco o per nulla ed è possibile cogliere voci e conversazioni nei cortili. O i cimiteri: “In quello di Catania si può assistere a comportamenti socio-acustici particolari, come quello di chi nelle operazioni di pulizia e cura delle tombe lascia lo stereo acceso per farlo ascoltare ai propri cari. E nel quartiere medioevale c’è un’altra zona di ‘ristoro aurale’, dove è ancora possibile sentire una donna che parla al figlio in cortile senza gridare o i richiami agli animali domestici. E il mercato, con le ‘vanniate’, i richiami per vendere, di ogni singolo pescatore.
“Una volta che un’impronta sonora è stata identificata – sostiene Schafer, il ‘maestro’ dei cacciatori di suoni di tutto il mondo – meriterebbe di essere protetta, perché rende unica la vita acustica di una comunità e spiega il carattere delle persone che ci vivono”.
“Raccogliere e conservare i suoni – conclude lo storico Peppino Ortoleva – è una tendenza legata alla consapevolezza che questi ‘paesaggi sonori’ possono scomparire. E alla quale si va oggi affiancando, soprattutto nel mondo anglosassone e in Francia, una nuova storiografia degli ambienti sonori, che racconta ad esempio i rumori al tempo di Shakespeare, dell’America dell’Ottocento o della Francia dei Villaggi”.
Non importa quanto pulito o tecnologico sia il suono raccolto ma – proprio come per i fotografi – quanto sa raccontare ed evocare, restituendo atmosfere che credevamo perdute.
Info: www.ssrg.it