LAGARINA
SONORA
ricerca sulle fonti orali e sviluppo di
installazioni sonore
La raccolta delle testimonianze
di Sara Maino
Il metodo utilizzato per la realizzazione delle interviste agli anziani della Vallagarina è quello qualitativo, basato sull’approccio autobiografico. La ricerca qualitativa utilizza interviste non strutturate, consentendo ai soggetti narranti un’espressione più spontanea e libera in quanto non condizionata da una rigida griglia di domande.
Il racconto autobiografico, infatti, «è da sempre presente nella storia dell’umanità: fin dall’antichità l’uomo ha avvertito il bisogno di fissare la propria esperienza, non solo nel tentativo di vincere la caducità della sua esistenza, ma anche per riflettere sul proprio vissuto, comprenderne il senso ed acquisire nuovo slancio vitale».
Nelle metodologie autobiografiche rientrano anche le storie di vita, che possono essere costituite da racconti orali registrati o trascritti, nel nostro caso registrati. Le quindici persone intervistate sono state registrate con un Mini-disc Sony MZ90, che consente di poter disporre della traccia sonora a livello digitale, utilizzata sia nelle installazioni sonore che nell’archivio di fonti orali. È opportuno accennare come «ogni studio che si basi sulla ricerca di testimonianze di storie di vita non può prescindere dall’utilizzo del metodo delle interviste: l’intervista è quindi il metodo utilizzato nello studio delle storie di vita». Infatti durante l’intervista «attraverso il racconto di sé la persona ri-corda (dal latino recordo: riportare al cuore, alla mente) gli eventi collegati al passato che si rivelano durante il colloquio autobiografico con il ricercatore/mèntore, tramite il recupero di una memoria non del tutto spontanea, ma indotta e indirizzata su obiettivi particolari: indagare la realtà soggettiva, il “pluriverso” individuale».
Davide Ondertoller, presidente dell’Associazione Libera Mente che organizza il Festival Portobeseno, ha contribuito ad individuare i testimoni privilegiati, cioè gli anziani di Besenello, Calliano, Volano e Folgaria.
L’esperienza dell’intervista con approccio autobiografico è formativa ed arricchente. In tale spazio i testimoni si affacciano alla propria storia, ripercorrono il vissuto raccontandolo in prima persona ad un ascoltatore privilegiato ed attento: si situa qui una relazione di ascolto e di scambio reciproco, dove il racconto si fa dialogo fra chi ascolta e pone nuovi interrogativi e il narratore è stimolato ad esplorare dentro di sé.
L’utilizzo di tale metodo nella ricerca ha fatto dell’intervista un momento di incontro particolarmente ricco di emozioni rivissute, di fiducia che si instaurava dopo pochi minuti, di passaggio di testimonianze e di saperi. La relazione stabilitasi nell’incontro proiettava le storie narrate su di uno sfondo storico dal quale balzavano ricorsività ed elementi discontinui rispetto al tempo indagato, continui rifermimenti intuitivi od espliciti alla contemporaneità, come se si stesse tessendo una trama di avvenimenti e di riflessioni atte a ricomporre non solo l’identità di un passato storico, ma anche quella di un presente solo accennato.
Tali ‘rivelazioni’ di senso nella storia di vita del testimone contribuivano ad avvicinare la sua storia, apparentemente così lontana per le vicende di un’epoca ormai trascorsa, a valorizzarne il significato di storia dentro le storie di un collettivo, in cui si era chiamati a partecipare, per il solo fatto di esserne testimoni.
Le fonti orali, infatti, «da un lato diventano uno strumento di comprensione della soggettività e della mentalità collettiva e un’occasione di riflessione sui meccanismi di costruzione della memoria sociale e individuale; dall’altro richiedono che venga posta attenzione da parte dell’intervistatore non solo al cosa viene riferito ma anche al come: linguaggio, gestualità, ridondanze, salti logici e temporali, diversivi e deviazioni, metafore e analogie, ricordi del racconto di altri…».
Il raggiungimento di questo tipo di consapevolezza è uno degli obiettivi che ho cercato di restituire attraverso le installazioni sonore: situare dei progetti artistici in una dimensione ‘etica’, in cui l’evocazione suggerita dal mezzo (l’installazione sonora) fosse foriera di un messaggio ben preciso: le storie della gente, raccontate in un certo modo. La scelta dei nessi da far ascoltare ad un pubblico costituito di persone del luogo e di visitatori ha seguito questo tipo di intuizione. Il mio è stato, più che altro, un suggerimento, un tentativo di suscitare la consapevolezza dell’esser-ci in mezzo a tanti altri, ognuno con le proprie storie. La ricerca e la metodologia adottata hanno messo in luce come gli incontri con gli anziani offrissero da un lato uno spazio di ricomposizione della propria autobiografia, dall’altro una forma di scambio tra generazioni e di attivazione di eco di altre narrazioni. Si tratta di un modo per favorire la conoscenza e l’ascolto degli anziani, della gente, ma anche uno strumento di cura, di conoscenza di sé, teso a produrre conoscenza storica, sociale e individuale.
Bibliografia
Beatrice Carmellini, Il tempo dei sanatori ad Arco (1945-1975), con la collaborazione di Sara Maino
Duccio Demetrio, Pedagogia della memoria. Roma: Meltemi, 1998
Maria Grazia Soldati Il lavoro con le storie di vita in età di vecchiaia. Arco di Giano: Edizione Cidas 2000
Laura Tussi. Le storie di vita e le relazioni d’ascolto. Il valore soggettivo ed individuale contro la massificazione ed
uniformazione delle coscienze. L’Università dell’Autobiografia per il recupero della memoria storica.
Marìa Zambrano, Chiari del bosco, Milano: Feltrinelli, 1991
Elémire Zolla, I mistici dell’Occidente, vol. I. Milano: Adelphi, 1997
sul web:
http://www.iprase.tn.it/il metodo autobiografico
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